alfonso artiaco
alfonso artiaco
fondata nel 1986

statement


Sergio Gioberto (1952, Torino) e Marilena Noro (1961, Torino). Vivono e lavorano a Torino.

Sergio Gioberto e Marilena Noro si interessano di percezione visiva e ravvisano nell'arte contemporanea un campo eletttivo in cui operare.
L’attenzione dei due artisti si concentra sul processo del vedere, esaminato da un particolare angolo di osservazione, quello delle funzioni percettive del cervello viste come una soglia, come uno spazio intermedio, tra il nostro mondo interiore e la realtà esterna.

La cultura visiva attuale è influenzata in modo massiccio dal modello prospettico molto più profondamente di quanto non lo fosse nel Rinascimento.
Un impianto, quello relativo alla prospettiva lineare, nato per dare ordine e misura alla visione, che finisce, se usato in modo inconsapevole, per anestetizzare lo sguardo, per trasformarsi in uno schermo, in un diaframma che ci separa dal reale invece di essere una mappa, una bussola che aiuta a orientarsi nella babele visiva da cui siamo circondati (la “finestra aperta sul mondo” dell’Alberti si è “trasmutata” nello schermo dello smartphone, dispositivo che tende a dare un’illusorio senso di potere sulle apparenze del reale ma poi, in realtà, finisce quasi sempre per creare solamente una nuova emergenza visiva).

L’indagine poetica di Gioberto Noro mira, attraverso la riconfigurazione dei concetti di spazio, distanza e prossimità, a rendere consapevoli degli intervalli e dei vuoti che sono in essere tra le cose e le persone, a far diventare partecipi all’essenza stessa del percepire. La loro pratica è, in una certa misura, paradossale: per riuscire a vedere, per ridare respiro allo sguardo, usano un medium, la fotografia,
che contrae e delimita il campo visuale. Tuttavia è proprio questa restrizione che rende possibile una leggibilità del caos visivo in cui siamo immersi e un’affrancamento dall'ansia di non saper dare priorità a cosa guardare. Inquadratura come limite che libera, inquadratura come spazio in cui salvaguardare l’infinito.

Parafrasando il Goethe delle Affinità Elettive, (Per sfuggire al mondo, non c’è mezzo più sicuro dell’arte; e niente è meglio dell’arte, per tenersi in contatto col mondo), l’arte attuale serve solo a intrattenere, a evadere dalla realtà apparentemente caotica, confusa e illeggibile che si trova al di fuori degli spazi deputati all’arte, o, contemporaneamente, è in grado di essere una via privilegiata di accesso alla percezione del reale, un viatico che ci permette di decifrare il visuale che ci circonda?

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